Cultura e tradizioni della Valle d'Aosta |
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In questa sezione desideriamo fornire alcune indicazioni per avvicinarvi alla cultura e alle tradizioni valdostane più autentiche.
Il patois: il dialetto franco-provenzale dei valdostani |
La conduzione degli alpeggi |
Batailles des reines |
I giochi tradizionali o sport popolari (tzan, rebatta, fiolet, palet) |
Carnevale della Coumba Freide |
Fuochi di San Giovanni e di SS Pietro e Paolo |
L'orso, la marmotta e la Candelora |
Valdostani. Le biografie di alcuni valdostani, più o meno noti, si possono consultare nella sezione Curiosità dove trovate anche informazioni su stemma, bandiera e inno della Valle d'Aosta. Informazioni sull'artigianato tipico e sulle specialità alimentari locali si trovano nella sezione Prodotti tipici. |
Le prime composizioni scritte in francoprovenzale sono opera, a metà ottocento, del curato Jean Baptiste Cerlogne, iniziatore del patois letterario, cui dobbiamo anche una grammatica e un dizionario. Anche autori letterari contemporanei hanno scelto di esprimersi in dialetto. Sono state adottate diverse grafie per rendere i suoni della nostra lingua che comprende suoni inesistenti nel francese o nell’italiano. Attivi sono anche diversi gruppi teatrali locali che propongono ogni anno nuove opere in patois, così come alcuni cantautori che si esprimono in dialetto. Nella scuola primaria e dell'infanzia vengono svolte ricerche e altre attività facoltative in patois. Vi proponiamo due composizioni di J.B. Cerlogne, tra cui la celebre bataille di vatse a Vertosan, e alcune opere di un autore contemporaneo, il poeta Marco Gal. Sono stati tradotti in patois anche alcuni libri della Bibbia.
Lo Charaban è il gruppo teatrale in patois più noto della regione. Ogni anno i biglietti per la settimana di rappresentazioni vengono venduti in pochi minuti, con persone che per trovare un posto si mettono in coda due giorni prima! Link al sito del teatro popolare Lo Charaban con storia, testi e video. |
Segnaliamo infine qualche link sul patois e gli altri dialetti francoprovenzali:
- Definizione e informazioni sul franco-provenzale su wikipedia: versione francese, versione italiana
- Lo gnalèi portale sul patois a cura dell'Assessorato regionale all'istruzione e alla cultura
-
dialettando,
sito sui dialetti italiani, contiene anche proverbi e un piccolo dizionario
- Qualche cenno sul patois
di Fénis
Nella valle di Gressoney, di etnia walser, si parla invece il töitschu, una lingua germanica, molto simile al dialetto svizzero tedesco ma che conserva forme arcaiche.
L'organizzazione
degli alpeggi per lo sfruttamento dei pascoli alpini è uno degli aspetti più
originali e caratterizzanti dell'economia, del paesaggio e della cultura
valdostana.
Da
secoli, durante l'estate, i capi di vari allevamenti vengono riuniti per formare
mandrie di 80-150 bovini e condotti in montagna per brucare i vasti pascoli in
quota della nostra regione (4/5 del territorio sono al di sopra dei 1.600 m!). La
stagione dell'alpeggio dura tipicamente circa 100 giorni, tradizionalmente da
San Bernardo (15 giugno) a San Michele (29 settembre). L'erba delle praterie
alpine è bassa ma molto nutriente e ricca di fiori, capace di fornire un latte
molto grasso e aromatico. Mentre le mandrie sono in montagna, sul fondo valle
si possono falciare i prati e accumulare scorte di fieno per l'inverno. La
gestione tradizionale dell'alpeggio era piuttosto complessa e richiedeva diversi
addetti cui erano affidate mansioni specifiche: pastore, aiuto-pastore, casaro,
addetto alla salatura della fontina, addetto alla manutenzione dei ruscelli,
alla pulizia della stalla, al trasporto, tutti inoltre partecipavano alla
mungitura, praticata due volte al giorno. Erano impiegati anche ragazzi che
trasportavano i secchi del latte e aiutavano in svariati compiti. Ancora oggi
l'automazione di queste attività è molto ridotta ed è importante il ricorso
alla manodopera di immigrati, in primo luogo marocchini, albanesi e polacchi. In
alpeggio si produce fontina, talvolta
burro e, in passato, "brossa" e "seras" per l'alimentazione
degli alpigiani. Le vacche impiegate sono di razza valdostana pezzata rossa, pezzata
nera e bruna valdostana, animali rustici, adattati all'ambiente alpino. In alpeggio
queste bovine si scontrano istintivamente fra loro per stabilire una gerarchia.
Questi scontri sono molto seguiti dagli allevatori che organizzano dei
combattimenti fra le regine dei diversi alpeggi. Oggi le batailles
de reines sono organizzate in un vero e proprio torneo con
qualificazioni e finale regionale.
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Visitate con noi un alpeggio: sarà un'esperienza piacevole, utile per penetrare nella mentalità e nelle autentiche tradizioni della Valle d'Aosta. L'assaggio di buona fontina e di altri latticini sarà sicuramente apprezzata da tutti coloro che cercano i sapori più autentici.
Oppure, più comodamente, venite a visitare dove le fontine vengono affinate e stagionate, all'interno di antiche miniere abbandonate, gallerie rivestite del nostro prodotto più prezioso, un autentico Fort Knox valdostano.
La Valdostana Pezzata Rossa, come le altre razze pezzate rosse delle regioni attorno al Monte Bianco, deriva, molto probabilmente, dai bovini introdotti dai Burgundi verso la fine del V secolo. E' la razza autoctona a maggiore diffusione dell'arco alpino occidentale, perfettamente adattata alle condizioni geografiche e climatiche delle Alpi.
La Valdostana Pezzata Nera e la Castana rappresentano, con la loro cugina Hérens (Svizzera), il gruppo bovino autoctono che ha popolato originariamente l'arco alpino, derivato probabilmente dal "Bos Brachyceros". Le razze brachicefale (dal cranio largo) si differenziano per il loro carattere vivo e per la loro rusticità. I ceppi Valdostana Pezzata Nera e Castana si differenziando unicamente per il colore del mantello. Meno produttiva della pezzata rossa è più combattiva e più utilizzata per i combats des reines.
Nel 2006 erano censiti in Valle d'Aosta 22.245 capi bovini di pezzata rossa e 14.244 di pezzata nera/castana. In totale la nostra regione conta oltre 38.000 vacche, cioè circa una ogni tre abitanti, il più alto rapporto bovini/abitante d'Italia.
L'Arev, Associazione regionale degli allevatori valdostani, si occupa, fin dal 1978, del miglioramento delle razze locali (bovine, caprine e ovine) e della promozione dei prodotti da esse derivate. Inoltre garantisce una costante assistenza ai titolari d'azienda in materia di produttività, igiene, ecc.
Segnaliamo sull’argomento il blog reinesvalleedaoste, dedicato al mondo rurale valdostano. E’ un blog ricchissimo di fotografie di combattimenti ma anche di animali e mandrie al pascolo in magnifici ambienti alpini. Sul sito dell'Associazione Amis des Batailles de Reines trovate il regolamento e il calendario dettagliato di tutti gli incontri con le relative classifiche.
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In Valle d'Aosta vengono organizzati anche combattimenti tra capre, animali diffusi soprattutto nella "bassa valle". Gli allevatori di questo rustico animale hanno dato vita nel 1997 all'Associazione Comité régional batailles des chèvres che regolamenta e gestisce il campionato, anche qui diviso in eliminatorie e una finale regionale che si svolge a Perloz, a inizio novembre. Informazioni sulle razze caprine allevate in Valle d'Aosta sul sito dell'AREV. |
Gli sport popolari (tsan, rebatta, fiolet, palet)
In primavera e in autunno hanno luogo in tutta la Valle d'Aosta i campionati degli sport popolari. Si tratta di tradizionali giochi di rimando (antenati del baseball) comuni, con numerose varianti, ad altre regioni. Le partite si svolgono all'aperto e vengono utilizzati ancora oggi attrezzi (palline e mazze di legno) prodotti artigianalmente.
Il fiolet e la rebatta sono abbastanza semplici: due squadre di 5 giocatori (ma esistono anche tornei individuali), utilizzando una mazza di legno, devono alzare una pallina di legno e, colpendola al volo, scagliarla il più lontano possibile. Nel fiolet la pallina, che in realtà è ovale, viene posta su di un sasso e sollevata colpendola nella parte oblunga; nella rebatta la pallina, questa volta sferica, è sollevata grazie a una specie di pipa poggiata sul terreno.
Nello
tzan (che letteralmente significa campo) si affrontano due
squadre di 12
giocatori. Il gioco si svolge in più fasi. Nella prima fase, a turno, i
giocatori di una squadra devono lanciare la rebatta (una pallina di
legno
rinforzata con chiodi) nel campo avversario. La rebatta viene posta su
di una
pertica inclinata e colpita con un lungo bastone. I lanci sono violenti
e
possono arrivare a un centinaio di metri di distanza (non c'è limite
in
lunghezza al campo). I giocatori avversari devono intercettare al volo la
rebatta con una paletta di legno. Per ogni rebatta fatta cadere nel
campo
avversario il giocatore acquisisce altrettanti lanci per la seconda
fase nella
quale un giocatore avversario lancia molto in alto la solita rebatta
che deve
essere colpita al volo con una robusta paletta di legno e, con al
massimo tre
colpi, lanciata il più lontano possibile. Viene misurata la distanza
raggiunta
e sommati tutti i tiri di tutti i giocatori. Terminati i lanci di una
squadra,
si invertono i ruoli: chi lanciava dalla pertica passa a difendere sul
campo e
viceversa. Poi si ripete il tutto con una seconda serie di battute.
Vince,
ovviamente, chi totalizza la maggiore lunghezza complessiva. Le partite di tzan durano
abitualmente 3 o 4 ore.
Un altro gioco tradizionale è il palet: si tratta in sostanza del classico gioco dei piattelli e si gioca con dischi di ferro. Le regole sono simili al gioco delle bocce.
Per ognuno di questi sport ci sono numerose squadre, divise in categorie e organizzate in tornei. Ogni anno si tengono un torneo primaverile e uno autunnale. Ci sono anche categorie giovanili e, da pochi anni, anche un torneo femminile.
Per scoprire le autentiche tradizioni della regione, lontano dalle manifestazioni folcloristiche, consiglio assolutamente di vedere una partita di uno di questi sport.
Carnevali di montagna - Il carnevale della Coumba freide
Alcune tradizioni sono comuni ad altre zone di montagna e discendono da arcaici riti propiziatori legati alla fine dell'inverno e all'arrivo della primavera. Il
carnevale più originale della nostra
regione è certamente quello della valle del Gran San Bernardo, detta "Coumba freida"
per la sua nomea di zona gelida. La prima notizia documentata riguarda
Bosses e risale al 1467. I costumi sono molto caratteristici e risentono
della forte impressione che il passaggio dei 40.000 soldati al seguito di
Napoleone - nel maggio del 1800 - ebbe sulla popolazione locale. Le landzette
- i personaggi tipici di questi carnevali - indossano infatti costumi
colorati e cappelli che ricordano le uniformi napoleoniche. Questi abiti
costosi, confezionati interamente a mano, sono adorni di perline e paillettes
(fino a 30.000 per costume) e di specchietti che riflettono la luce e
allontanano le forze maligne. Il volto delle landzette è coperto da una maschera
(vesadjie) un tempo di legno, oggi
solitamente di plastica; in mano tengono una coda di cavallo e in vita
hanno una cintura munita di un campanello. Questi ultimi elementi
vengono interpretati dagli antropologi come strumenti simbolici per
scacciare gli spiriti avversi. A Saint-Rhémy-en-Bosses la sfilata si svolge con un corteo rigidamente codificato da lungo tempo, anche se alcuni elementi sono di introduzione piuttosto recente. Il corteo è aperto da Napoleone - talvolta anche a cavallo - ma è un personaggio apparso solo negli ultimi anni. Viene quindi la guida che porta una bandiera e dirige la sfilata con la sua cornetta. Seguono poi alcuni suonatori che precedono il diavolo che indossa un corto mantello rosso bordato di bianco. Ha un aspetto spaventoso e col suo forcone stuzzica le persone. Seguono, a coppie, personaggi amabili: arlecchini e signorine. Vengono poi i colori, prima i neri (che simboleggiano l'inverno) seguiti dai bianchi (la bella stagione) e in vario ordine tutti gli altri. In fondo al gruppo il matto e la matta, due anziani sposi dai vestiti stracciati, secondo il tipico rovesciamento di ruoli del carnevale. I due procedono litigando di continuo. Lui fa scherzi agli uomini e alza la gonna delle donne, causando la gelosa reazione della moglie che lo batte col bastone. Arrivano infine l'orso - che simboleggia la natura e la fecondità - e il suo domatore che lo tiene al guinzaglio. L'orso è molto dispettoso, insegue le persone e si tuffa con loro nella neve. Di più recente apparizione sono il medico, l'infermiere e il parroco che chiudono la Mascarade.
Chi non può assistere al carnevale, può visitare la Mèizoùn di Carnaval de la Coumba Frèida, museo dedicato al Carnevale della Valle del Gran San Bernardo. Il museo si trova nel comune di Allein, in frazione Ayez, all'interno di una pregevole costruzione del XV secolo. |
Fuochi di San Giovanni e di SS Pietro e Paolo
Ha certamente origini antiche e pagane la tradizione di accendere fuochi in occasione del solstizio d'estate. In alcune località questo "rito" viene praticato il 24 di giugno (San Giovanni), in altre il 29 (Santi Pietro e Paolo). Appena fa notte vengono appiccati grandi falò, visibili da molto lontano. Attorno ai fuochi ci si ritrova per fare festa bevendo, mangiando e cantando. Negli ultimi anni è sempre più diffusa l'abitudine di accendere questi fuochi sulla cima delle montagne.
Sant'Orso, la Candelora valdostana
La Candelora è collocata a metà dell'inverno astronomico, il 2 febbraio, tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. L'origine della festa è antica e si può ritrovare nei Lupercalia latini e nella festa celtica di Imbolc. Negli Stati Uniti la Candelora è diventata il giorno della marmotta (Groundhog Day) in cui, secondo tradizione, la marmotta esce dalla tana e guarda la sua ombra: se è visibile, cioè se c'è il sole, l'inverno durerà ancora 6 settimane.
In Valle d'Aosta l'equivalente è il primo febbraio, festa di Sant'Orso. Qui la tradizione, comune alle regioni limitrofe, attribuisce all'orso la capacità divinatrice di predire il tempo. Se quel giorno il tempo è bello, infatti, l'orso mette a seccare il proprio pagliericcio perché l'inverno durerà altri 40 giorni.
Segnalo un paio di interessanti link su Candelora e Giorno della marmotta.
La vigilia di Sant'Orso, il 30 e 31 gennaio, si tiene ad Aosta la millenaria Fiera di Sant'Orso, evento di grande richiamo e occasione unica per ammirare - ed eventualmente acquistare - il meglio della produzione artigianale valdostana.
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